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Cipomo, il 62% degli oncologi è pagato dall'industria

Professione Redazione DottNet | 08/07/2019 13:49

Lo rivela un'indagine pubblicata sul 'British Medical Journal' dal Cipomo, il Collegio italiano dei primari oncologi medici, firmata da Andrea DeCensi e Gianmauro Numico

Quali sono le implicazioni del conflitto di interessi in medicina, e ancor più in dettaglio in oncologia? A svelarlo è un' indagine ad hoc pubblicata sul 'British Medical Journal' dal Cipomo, il Collegio italiano dei primari oncologi medici, firmata tra gli altri da Andrea DeCensi del Galliera di Genova e Gianmauro Numico dell' ospedale di Alessandria. Ebbene, dal sondaggio emerge che il 62% degli oncologi ha dichiarato di aver ricevuto pagamenti dall' industria del farmaco negli ultimi tre anni e il 68% pensa che la maggioranza degli oncologi italiani abbia un conflitto d' interessi con l' industria. Anche se per il 59% non si tratta di un problema maggiore rispetto ad altre specialità.

La fotografia scaturisce da un sondaggio nazionale, condotto online in forma anonima tra marzo e aprile 2017, cui hanno risposto 321 specialisti, il 13% dei medici oncologi italiani. Ebbene, dal sondaggio emerge anche che l' 82% degli intervistati è convinto che la maggior parte della formazione oncologica sia oggi supportata dall' industria. Più del 75% pensa che l' attuale allocazione di budget da parte del pharma su marketing e promozione piuttosto che su ricerca e sviluppo sia 'scorretta', ma la stessa percentuale di oncologi è convinta che sia appropriato ricevere ospitalità per viaggi e soggiorni da parte delle aziende.

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Non solo. Per il 60% è corretto ricevere un gettone per i pazienti arruolati nei trial delle industrie, anche se secondo il 79% questo dovrebbe essere riferito nel consenso informato. Insomma, in generale tra gli oncologi italiani il conflitto d' interesse è percepito come un problema importante, che può influenzare costi, formazione, assistenza e scienza. Tanto che il Cipomo ha deciso di prendere posizione, stilando un 'position paper' con le raccomandazioni per una maggior trasparenza nel settore. "Al di là delle azioni nettamente illecite, la contiguità di interessi non coincidenti può determinare, consapevolmente o inconsapevolmente, un condizionamento dei comportamenti - scrive Cipomo - Tale condizionamento, a sua volta, può avere conseguenze dirette sulla qualità del servizio offerto al cittadino, ma può anche soltanto rappresentare una ragione di non sufficiente trasparenza, di sospetto conflitto di interessi o di vera e propria sfiducia nel Servizio sanitario".

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